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Verso il 25 aprile. Riflessioni in forma di videoclip

La Resistenza è uno stato permanente del nostro cuore e della nostra mente, l’occasione di ripercorrere gli avvenimenti per farne uno strumento del presente.
Dunque, conoscere per capire, conoscere per costruire una grammatica del cambiamento.

Anche per il 25 aprile prossimo venturo, considerata la situazione pandemica e poco sperando in una sua risoluzione tale da permettere manifestazioni in presenza, diamo spazio a percorsi che ci consentano, utilizzando tecnologie telematiche, una partecipazione quanto più ampia possibile, attrattiva, intelligente e capace di sollecitare riflessioni costruttive.

Ci facciamo aiutare da qualche autorevole voce, richiesta a chi, con competenza, ha già esplorato percorsi di ricerca, in modo da farci partecipi e regalarci suggestioni per altri e personali approfondimenti.

La proposta si avvale di alcune videoclip e si articola sulle tracce già definite dalla bibliografia che compare su queste stesse pagine web.

La Resistenza oggetto della ricerca storiografica

Ne parlano: Claudia Baldoli, Richard Overy, Andrea Marchi con Gabriele Ronchetti e Massimo Turchi

Le donne e la Resistenza

Ne parlano: Laura Gnocchi, Silvia Salvatici

Leggere la Resistenza con gli occhi dell’invenzione letteraria

Conversazioni di Massimiliano Gollini, Paola Soriga, Valerio Varesi

La Costituzione che nasce dalla Resistenza

Un intervento di Maurizio Viroli

Il neofascismo

Un intervento di Raffaele Mantegazza

Claudia Baldoli

Alla fine della primavera del ‘44 i bombardamenti alleati e gli scioperi operai parevano avere obiettivi complementari: gli Alleati volevano colpire la produzione di guerra tedesca e le linee di comunicazione, la Resistenza cercava di organizzare gli operai per sabotare la RSI.
Questa collaborazione divenne evidente soprattutto dall’inizio dell’estate, quando la Resistenza nella Valle padana poté contare su un rapporto efficiente con gli Alleati attraverso una delegazione militare a Lugano. Tuttavia, anche se operai in sciopero, partigiani e Alleati puntavano agli stessi risultati, spesso i bombardamenti causavano delle ostilità: nei rapporti inviati dai partigiani di Milano e di Torino ai britannici e agli americani era spesso presente una forte critica rispetto a come erano esercitati i bombardamenti. I partigiani iniziarono a chiedere che i bombardamenti fossero attuati quando gli operai erano in sciopero, senza causare vittime fra la popolazione, una popolazione già molto provata da incursioni che sembrano fatte a casaccio. Questo tema fu al centro di diverse discussioni e la mancanza di fiducia verso gli Alleati fu evidente nell’organizzazione delle insurrezioni delle città.

☆ contributo pubblicato Lunedì 5 Aprile 2021

Biografia:


Claudia Baldoli insegna storia contemporanea all'Università degli studi di Milano, dopo una lunga esperienza nelle università britanniche. Si è occupata delle origini del fascismo, dell'emigrazione italiana in Gran Bretagna e dell'esilio antifascista. Si è appassionata alla storia della Resistenza anche grazie a un progetto comparato sui bombardamenti nella seconda guerra mondiale fra il 2007 e il 2010. Dopo anni di ricerca fra Cremona e l'Europa è finalmente in uscita per la Morcelliana una sua biografia del leader delle leghe contadine cattoliche, antifascista, esule e confinato Guido Miglioli, il "bolscevico bianco".

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Richard Overy

E’ importante comprendere che, durante il secondo conflitto mondiale, Alleati e movimenti di resistenza avevano priorità diverse. La Resistenza era utile in quanto contributo alla sconfitta del nemico tedesco, e gli aiuti venivano forniti nei limiti di quest’ottica, mentre da parte loro i movimenti di resistenza avevano invece come priorità la liberazione nazionale.
Questa visione risulta evidente con la diversa importanza strategica di volta in volta attribuita ai fronti di combattimento.
Inoltre, a Occidente, gli Alleati erano ansiosi di riuscire a esercitare qualche forma di controllo sulle varie componenti della Resistenza, non da ultimo per prevenire la formazione di movimenti comunisti di massa.
In Italia, gli avvenimenti dell’aprile 1945 furono un modo per dimostrare che invece i resistenti godevano di una certa autonomia e furono una affermazione politica e morale di indipendenza, una espressione di coraggio civile contro l'occupazione.

☆ contributo pubblicato Martedì 6 Aprile 2021

Biografia:


Richard Overy è professore di storia all'Università di Exeter in Gran Bretagna. Contribuisce regolarmente a documentari televisivi e radiofonici e a diversi musei. Ha scritto più di trenta libri sulla Seconda guerra mondiale e sulle dittature del ventesimo secolo. La sua nuova storia globale della seconda guerra mondiale uscirà in ottobre con il titolo Blood and Ruins, in cui descrive il conflitto come ultima guerra imperiale, e spera che questo sia il suo ultimo libro sull'argomento. Collabora felicemente con studiosi e istituti europei ed è un convinto pro-europeista infuriato con la Brexit.

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Andrea Marchi con Gabriele Ronchetti e Massimo Turchi

La Linea gotica rappresenta l'ultimo fronte di guerra in Italia, fronte su cui la guerra insiste per ben otto mesi: dall'agosto del 1944 fino a pochi giorni prima della Liberazione nell’aprile del 1945.
La Linea gotica era una linea difensiva, che andava dal Tirreno all'Adriatico quasi senza soluzione di continuità, interamente fortificata, e fu l'ultimo argine che i tedeschi posero davanti alle armate alleate che stavano avanzando lungo lo stivale italico.
La narrazione che viene fatta nel libro “Di guerra e di genti” parte dall’idea di costruire la storia della Linea gotica non attraverso le vicende militari e civili ma attraverso la forma racconto. Un lavoro che, per la serietà e accuratezza della ricerca storiografica, poteva preludere anche un saggio, ma che mira a suscitare emozione e coinvolgimento. Il testo vuole poi andare oltre la dimensione del locale, perché ciò che è avvenuto in quei mesi in quei luoghi ha poi portato le sue conseguenze nella costruzione della Repubblica italiana, dunque nella nostra vita.
Un metodo, quello della public history, che ci fa efficacemente comprendere quanto sia stato profondo quell’evento e quanta profondità di traccia abbia lasciato.

☆ contributo pubblicato Mercoledì 7 Aprile 2021

Biografie:


Andrea Marchi, già insegnante di storia e filosofia nei licei, è stato assessore e sindaco del Comune di Monzuno, in provincia di Bologna, fra il 1990 e il 2009. Presidente dell’Istituto storico provinciale di Bologna (ISREBO) fino al 2015, è attualmente membro del Comitato per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto e della Fondazione Scuola di Pace di Monte Sole. Fa parte del Direttivo dell’Associazione Linea Gotica - Officina della Memoria.

Gabriele Ronchetti, giornalista e ricercatore storico, si occupa di comunicazione e progettazione nei settori della pubblica amministrazione, del marketing territoriale e del turismo. Autore di numerosi libri e guide, da anni è attivo nella ricerca storica su Resistenza e Seconda guerra mondiale in Italia. Tra i volumi realizzati su questi temi: I giorni della Linea Gotica (2005), La Linea Gotica (2009 e 2018), Il coraggio non si compra, storia del comandante partigiano John (2010), Le montagne dei partigiani (2011), Le pianure dei partigiani (2013), La Linea Gustav (2014) e La Campagna d’Italia (2015). È segretario dell’Associazione Linea Gotica - Officina della Memoria.

Massimo Turchi, ricercatore storico e guida ambientale escursionistica, si occupa di progetti di sviluppo del territorio in ambito storico-culturale e in particolare di quelli relativi alle vicende della Linea Gotica. Autore della metodologia didattica del “diorama vivente”, collabora con le scuole per le visite sui luoghi della memoria. Ha partecipato a progetti europei sulle memorie del secondo conflitto mondiale. Nel 2008 ha pubblicato La Linea Gotica e le stragi; nel 2016 per l’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia ha curato il censimento degli episodi accaduti nell’Appennino bolognese. E’ presidente dell’Associazione Linea Gotica - Officina della Memoria.

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Laura Gnocchi

Un intervento su “Le donne nella Resistenza”, principalmente maturato nel lavoro di raccolta di video interviste alle partigiane ai partigiani ancora viventi, lavoro compiuto in collaborazione con Gad Lerner e con l’aiuto di numerosi volontari dell’Anpi, che ha portato alla raccolta di quasi 500 testimonianze. Tra le intervistate, Lidia Menapace, che affermava con forza che senza le donne la Resistenza non sarebbe stata possibile. Un dato di fatto consolidato da decine e decine di narrazioni. Non solo staffette, ma con ruoli differenti e tutti importanti: dall’organizzazione dei Gruppi di difesa della donna alla attiva partecipazione alla lotta armata. Un’adesione alla Resistenza che neppure aveva necessitato della motivazione di sfuggire ai bandi di arruolamento della Repubblica sociale italiana.

☆ contributo pubblicato Giovedì 8 Aprile 2021

Biografia:


Laura Gnocchi, nata a Santa Margherita Ligure, l’11 settembre 1961, vive a Milano.
Giornalista, ha lavorato a Epoca, Panorama e ha diretto per dieci anni il Venerdì di Repubblica. In televisione ha lavorato a La 7, La Effe e Rai 3. Ha collaborato ai programmi di Gad Lerner: L’Infedele, Fischia il vento, Islam Italia, Operai, Ricchi e poveri, La Scelta. Negli ultimi due anni si è dedicata, praticamente a tempo pieno, a Noi, Partigiani, il progetto realizzato con l’Anpi per raccogliere le testimonianze video dei partigiani e delle partigiane ancora in vita. Progetto che ha visto, con l’aiuto di un nutrito gruppo di volontari, la realizzazione di oltre 500 interviste.
Alcune delle storie raccolte hanno fatto nascere il libro Noi, partigiani: memoriale della Resistenza italiana (Feltrinelli, 2020) di cui è ora in in preparazione anche l’edizione per ragazzi.
Laura Gnocchi è orgogliosamente figlia e nipote di partigiani.

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Silvia Salvatici

Il recente appuntarsi della ricerca storica sul ruolo giocato dalle donne nella guerra di liberazione ha consentito anche un nuovo racconto della Resistenza stessa, sulle ragioni della loro partecipazione, sulla portata della medesima. Una molteplicità di compiti e di ruoli che dovrebbe portarci a compiere uno sforzo per abbandonare quell’immagine così comune della staffetta partigiana; un'immagine assolutamente veritiera ma totalmente non esaustiva. Nella partecipazione femminile c’è, costante, la rivendicazione di un ruolo attivo, al pari degli uomini, nonostante le donne fossero sempre state escluse dal diritto di una piena cittadinanza. Per le donne della Resistenza, combattere contro il fascismo significa pensare a un domani autenticamente democratico, che consentisse a tutti, uomini e donne, di essere cittadini con pari diritti e con pari doveri. Sono queste donne che difendono il valore della solidarietà e che lo difendono nella consapevolezza che il loro atto ha un valore collettivo su cui non può non fondarsi una nuova Italia rigenerata dopo la sconfitta del nazifascismo.

☆ contributo pubblicato Venerdì 9 Aprile 2021

Biografia:


Silvia Salvatici è una storica dell'età contemporanea. Insegna presso l'Università di Milano e si è occupata di storia del lavoro femminile; di donne e politica negli anni della prima Italia repubblicana; di memoria e identità nazionale nei contesti post-bellici; dei profughi europei nel secondo dopoguerra; della storia dell’umanitarismo internazionale.
Ha svolto la sua prima ricerca su donne e Resistenza in occasione del cinquantesimo anniversario della Liberazione, raccogliendo le memorie delle partigiane in Toscana: sono state le loro testimonianze a far nascere in lei l'amore per un tema a cui ancora oggi dedica molta attenzione.

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Massimiliano Gollini

La domanda sul perché scrivere narrativa sulla Resistenza, a distanza di così tanti decenni, non è domanda cui è semplice dare una risposta. Vero è che attraverso la narrativa si possono trasportare le emozioni, veicolare sentimenti e dunque arrivare più a fondo nell'animo delle persone. Contemporaneamente si pone come approccio più semplice, rispetto alla saggistica, al racconto dei fatti storici.
Trasmettere i fatti forse non basta, forse bisognerebbe trasmettere le emozioni perché le emozioni arrivano e restano.

☆ contributo pubblicato Sabato 10 Aprile 2021

Biografia:


Massimiliano Gollini vive a Bologna. Laureato DAMS, ha lavorato in televisione, pubblicato racconti, sceneggiato lungometraggi e cortometraggi. Ha suonato per anni nel gruppo ska punk I 400 colpi, girando a vanvera per i peggiori locali del Paese. E poi ha smesso. La carezza e la mitraglia è il suo primo romanzo. Non è parente del più famoso portiere dell'Atalanta. O almeno questo è quello che crede.

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Paola Soriga

... mi stavo dedicando alla scrittura di una poesia narrativa che era ambientata in una periferia romana e questa poesia appunto narrativa si allungava sempre di più, era diventata un poemetto. A un certo punto mi è stato chiaro che dentro c'era una storia che sentivo il bisogno di raccontare in altre forme e così sono passata alla scrittura in prosa e piano piano quella storia di periferia ambientata nei nostri giorni è diventata un'altra ambientata invece nel passato … Io credo che spesso i romanzi nascano da una serie di circostanze, da pensieri che è difficile poi ricostruire a ritroso però io forse avevo bisogno di distanziare quella narrazione da me attraverso il tempo, attraverso un’epoca storica diversa.
La Resistenza mi offriva la possibilità di avere una trama, di avere uno scenario che era appunto quello di Roma occupata, e raccontare quindi una storia seppur non attraverso una scelta del tutto lineare, del tutto consapevole. Raccontare il passato mi permetteva comunque di raccontare anche il presente, mi permetteva di raccontare la vita di una adolescente che compie delle scelte verso la libertà, una libertà che è quella collettiva, ma è anche una libertà personale.
La Resistenza è tornata anche in un altro racconto che ho scritto, un racconto lungo per ragazzi, ambientato nell’Oltrepo pavese, nel quale ho provato a far appassionare i più piccoli a questa parte della nostra storia così importante e così a rischio di essere dimenticata.

☆ contributo pubblicato Domenica 11 Aprile 2021

Biografia:


Paola Soriga è nata a Uta, in provincia di Cagliari, nel 1979. Dopo la laurea in lettere all’Università di Pavia, è diventata dottore di ricerca in letterature comparate all’Università di Roma Tre. È tra gli ideatori e organizzatori del festival di poesia Settembre dei poeti di Seneghe e di Sulla terra leggeri dell’Argentiera. Al suo esordio narrativo, con Dove finisce Roma (Einaudi, 2012), Paola Soriga si affida alla figura di una giovanissima staffetta partigiana, nella Roma che sta per essere liberata dall’occupazione tedesca, per dare nuova vita e necessità a un alfabeto di sentimenti, e ci regala un romanzo che ha la distanza delle grandi storie e la vicinanza dell’unica, misteriosa, scintillante vita che è la nostra, in ogni tempo e in ogni luogo. Ha poi partecipato all'antologia Sei per la Sardegna (Einaudi, 2014), con Francesco Abate, Alessandro De Roma, Marcello Fois, Salvatore Mannuzzu e Michela Murgia). Successivamente ha pubblicato il romanzo La stagione che verrà (Einaudi, 2015). Il suo ultimo lavoro, di ambientazione resistenziale e principalmente destinato a una lettura infantile, è titolato La guerra di Martina (Laterza, 2016).

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Valerio Varesi

Quando ho iniziato a scrivere di Resistenza, ho cominciato quasi per caso, perché parlando con uno storico, mi sono imbattuto nella vicenda di due partigiani che erano entrati nella lotta senza una specifica consapevolezza. Ho dunque cercato di raccontare la Resistenza quasi contromano, appunto partendo da due storie personali molto strane, molto particolari, un innesto eterogeneo dentro a una brigata partigiana comunista. Fuori dall’esempio, penso che raccontare la Resistenza oggi abbia la forte valenza: di rinnovare la memoria. Il tempo passa, i ricordi diventano sbiaditi, i protagonisti di allora sono sempre meno e quindi noi abbiamo anche il dovere di ricordare quello che è stato il momento fondativo della nostra Repubblica e della nostra Costituzione che ancora oggi è una delle più belle Costituzioni del mondo.
Abbiamo anche il dovere di difendere i valori costituzionali, valori che si vanno sempre più come dissolvendo sotto la spinta di revisionismi accattoni. Occorre sempre ricordare che c'era chi stava dalla parte giusta e chi stava dalla parte sbagliata, che la democrazia non è data come fatto assoluto e per sempre, ma è cosa che va difesa e conquistata giorno per giorno, oggi più che mai.
E un compito importante tocca anche a noi scrittori.

☆ contributo pubblicato Lunedì 12 Aprile 2021

Biografia:


Valerio Varesi è nato a Torino nel '59. Era agosto e faceva un gran caldo. Sicuramente ci sarebbe rimasto a lungo se il padre, tre anni dopo, non avesse avuto un grave incidente sul lavoro che riconduce tutta la famiglia a Parma dove cresce tra città e Appennino, passando a essere emiliano a tutto tondo. Ha studiato a Bologna, all'Alma Mater, la più antica d'Europa e si è laureato in filosofia con una tesi su Soren Kierkegaard. Scrive fin da adolescente, ma poi, essendo candidato alla disoccupazione, pensa di dedicarsi al giornalismo, un mestiere che gli consente di continuare a fare ciò che gli piace. Dopo varie collaborazioni, è assunto alla Gazzetta di Parma, quindi alla redazione bolognese di Repubblica dove tuttora lavora. Nel '98 esordisce con un primo libro con protagonista il commissario Soneri della questura di Parma e da allora questo poliziotto gli sta alle calcagna perché ha preso gusto a essere protagonista. Dietro le sue ripetute ingiunzioni, è reso artefice di quindici inchieste finora tutte andate a buon fine. Non sono tuttavia mancate infedeltà, con la pubblicazione di libri non polizieschi, alcuni di tematica storico-politica. Soneri si è però consolato perché la sua smania di protagonismo è stata appagata da quattordici puntate su Rai2 andate in onda in tre serie tra il 2005 e il 2009. All'estero, Varesi è stato tradotto in tedesco, in spagnolo, in inglese, in olandese, in polacco, in rumeno e persino in turco, ma il rapporto più entusiasmante è con la Francia dove ha avuto un successo tale che Le Figaro lo ha, forse un poco pomposamente, definito "il Simenon italiano".
Altre notizie sul suo sito web: www.valeriovaresi.net

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Maurizio Viroli

Chi non è antifascista non può essere leale alla Costituzione repubblicana e quindi non può assumere incarichi di responsabilità politica. Ciò in quanto chiunque rappresenti la Repubblica deve essere leale alla Costituzione, ma se manca il requisito di antifascista non gli si può essere leali.
La principale ragione risiede nel semplice fatto che la nostra Costituzione è tutta, dal primo articolo fino alle ultime disposizioni finali, antifascista.
L'Italia è una Repubblica democratica: questo articolo riafferma che la sovranità appartiene al popolo, esattamente l'opposto del principio autocratico insito nel fascismo.
Affermare che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza alcuna distinzione rende evidente che i Costituenti, quando scrissero queste parole, volevano porre un altro nettissimo elemento di contrasto rispetto all'ideologia e alla pratica del totalitarismo fascista.
Restasse qualche dubbio in merito al carattere antifascista della nostra Costituzione, esso viene fugato dalla norma finale non transitoria, ovvero con validità illimitata nel tempo, che vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista.
Oggi dobbiamo constatare che l'antifascismo, come sentimento, come cultura, come mentalità, ha perso molto della forza di attrazione che aveva in passato, ma proprio per questo occorre rinnovare l’impegno a battersi per rendere l'Italia aderente e fedele alla sua Costituzione antifascista.

☆ contributo pubblicato Martedì 13 Aprile 2021

Biografia:


Maurizio Viroli è un accademico, saggista e filosofo italiano, professore emerito di Teoria politica alla Princeton University. Attualmente è docente presso la Texas University a Austin e presso l’Università della Svizzera italiana a Lugano. I suoi principali campi di ricerca riguardano la Filosofia politica e la Storia del pensiero politico. Collabora e ha collaborato ad alcune testate giornalistiche, tra cui La Stampa, il Sole 24 Ore e Il Fatto Quotidiano. Come impegno civile si occupa di educazione civica e della difesa e dell'attuazione della Costituzione della Repubblica Italiana. Nel 2006 ha fondato e dirige il Master in civic education presso l'associazione Ethica di Asti. Tra gli altri, dirige il progetto Lezioni di Casa Cervi-Scuola di Etica civile presso Casa Cervi. Ha preso parte attivamente alle campagne referendarie svoltesi in occasione del referendum costituzionale del 2006, contro la riforma proposta dal centro-destra, e del referendum costituzionale del 2016, contro la cosiddetta riforma costituzionale Renzi-Boschi.
Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo alcune tra le più recenti apparse in italiano:
Per amore della patria (Laterza, 2020); Nazionalisti e patrioti (Laterza, 2019); Etica del servizio e etica del comando (Editoriale Scientifica, 2018); L’autunno della Repubblica (Laterza, 2016); Machiavelli filosofo della libertà (Castelvecchi, 2013); La libertà dei servi (Laterza, 2012).

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Raffaele Mantegazza

Sento una forte preoccupazione soprattutto sul piano educativo perché ho l'impressione che queste formazioni neofasciste neonaziste stiano rischiando di vincere la battaglia proprio su questo piano, ovvero stiano conquistando le dimensioni più intime, più personali e segrete dei ragazzi.
Queste dimensioni esistono da quando esiste l'uomo e sono sempre state un terreno di battaglia, tali da decidere se una società si dirige verso sbocchi di violenza e di totalitarismo oppure di democrazia.
Un grave rischio è quello della sottovalutazione del fatto che queste formazioni si rivolgono sempre più a ragazzini molto giovani e lo fanno nei linguaggi che i giovani amano, e pure attraverso una semplificazione della realtà, una lettura che significa abituarsi a non ragionare, a partire dalla pancia rimanendo alla pancia.
Il progetto politico di una società migliore si gioca, ieri come oggi, nella lotta contro il fascismo e un ruolo grandemente importante lo si ha sul versante educativo. E siccome si gioca sul versante educativo e siccome ogni adulto è educatore, ognuno di noi può dare il suo contributo.

☆ contributo pubblicato Mercoledì 14 Aprile 2021

Biografia:


Raffaele Mantegazza è un educatore antifascista. Due parole estremamente impegnative, due termini che incrociano la storia e la cronaca, la passione e la ragione. In quanto educatore lavora in Università insegnando agli studenti che scelgono professioni di cura al Dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Milano Bicocca, e lavora molto nelle scuole incontrando i ragazzi ed adolescenti sui temi della resistenza, della Shoah della difficoltà di crescere oggi in questo mondo complesso. Come antifascista cerca quotidianamente di studiare i nuovi meccanismi delle nuove destre e soprattutto il loro aspetto pedagogico. E’ padre di due preadolescenti e vive con due gatti e un cane.

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